Regia: Kim Ji-woon
Durata: 1h e 41m
Un superagente ha messo piena la moglie ma non lo sa ancora. Glielo comunica il serial killer che la tiene dentro la valigia. Il supergente si vendicherà interrompendo i coiti omicidi del Devil, attraverso la formula evergreen degli sberloni in faccia (tra l'altro sonorizzati dalla stessa crew dei film con Bud Spencer). Remake non dichiarato di The Horribly Slow Murderer with the Extremely Inefficient Weapon.
Best
5 - Heavy (without) Rain
La sequenza del ritrovamento del cadavere ricorda una porzione di gioco presente in Heavy Rain. Che, pur con le sue controverse meccaniche, rimane esperienza empatica da provare. Ok, questa è un po' forzata..
4 - Il lupo travestito da pecora
Buona l'idea di ammantare il cattivo con la rassicurante carrozzeria del bus scolastico. Chi rifiuterebbe l'offerta di un passaggio dentro a quello sgargiante giallo canarino?.. Peccato esca di scena dopo 1/3 di film, senza disporre di tempo utile a riabilitare il detto: "non si accettano caramelle dagli sconosciuti".
3 - Gli sbirri della Repubblica di Corea
L'incapacità delle istituzioni è tema comune a molta cinematografia sudcoreana. Se poi spuntano i killer seriali diventa quasi regola. Qui come in Memories of Murder o in The Chaser. Fra gli elementi ricorrenti; la sbrigativa superficialità nel tentativo di chiudere il caso (più che di risolverlo), l'abuso di potere ed il ricorrere a metodologie violente pur di estorcere la confessione, il continuo arrancare per tentativi e la rappresentazione di esponenti un po' tonti. Funny.
4 - Choi Min-sik
Uno capace di reggere sulle proprie spalle intere sceneggiature fin dai tempi di Failan, il suo film che tutt'ora preferisco, con buona pace di quanti si spellano mani o preferiscono percuotere i propri genitali sopra l'empatia raggiunta con Old Boy. La povera e schematica sceneggiatura di I Saw the Devil lo mette a dura prova, tant'è che compensa aggiungendosi qualcosa di suo; i raptus di possessività incontrollata e l'apatia psicopatica dello sguardo. Inizialmente riesce a dare qualcosa ma inserisce quasi subito il pilota automatico. Ingabbiato e veicolato, merita al limite il 6+ del "si applica ma potrebbe fare di più".
1 - Titoli di testa
Che il regista sia quello di Two Sisters lo si intuisce dai contrasti di colore a lui tanto prediletti. Quel film era bello e diverso dai classici j-horror che imperversavano all'epoca perchè forniva allo sguardo medesima importanza dell'ascolto e all'eleganza registica proponeva sobrietà e misura, suggerendo allo spettatore senza urlargli contro. La dilatata sequenza che illustra i titoli di testa - come spesso accade - risulta la parte meglio girata e montata, introducendo e raccontando in una manciata di minuti i due personaggi principali. Purtroppo Kim Ji-woon è anche il regista di A Bittersweet Life e non manca di ricordarcelo con la sua pesante manona. Orrende carrellate da scuola di cinema e superflui vezzi da "lo faccio perchè posso". Resta una generale sicurezza sul come e dove posizionare la camera. Talmente sicuro da circondarsi di esordienti nel cinema; sceneggiatore, montatore, direttore della fotografia.. tutti all'opera prima. Non stupirebbe se fossero suoi pseudonimi.
Worst
5 - Daegu Drift
Deciso a costituirsi alla pula e novello John Doe da ben altra caratura di thrilleraggio, il malvagio Devilman sfila in mezzo alla strada tutto inzaccherato di sangue (spiegarne la causa avrebbe richiesto un sesto worst). Lesto arriva il ninja che - dopo essersi fatto xx chilometri a 140 all'ora - se lo carica al volo dentro il SUV con tanto di manovra in derapata. Ancora non mi capacito di avere visto una simile scena dentro ad un film finito e immesso nel circuito distributivo.
4 - Il pianeta dei serial killer
Io alle coincidenze ci credo eccome.. E' pura matematica e teoria della probabilità; capitano eventi incontrollabili che s'incrociano tra loro. Insomma, inevitabile stupirsi dell'eccezione dovuta a casualità! Ma il serial killer che sale sul taxi di passaggio con dentro altri due serial killer (e il taxista morto nel bagagliaio) è un po' troppo anche per il torrente di disbelief che scorre roboante dentro me. E poi va bene la storia del lupo cattivo più cattivo degli altri lupacchiotti ma il didascalismo è fastidioso di suo.. se poi lo si evidenzia con pretesti illogici diventa ridondante e comico. Non solo. Il serial killer a un certo punto si fa ospitare da un suo compagno di merende, anch'egli serial killer con tanto di vittima nello scantinato e compagna anch'essa serial killer. Ma questi, prima di scrivere la sceneggiatura, hanno mai letto qualcosa sui veri serial killer? Una biografia, Malpertuis, un fatto di cronaca? O forse volevano buttarla sul grottesco, non si sa..
3 - Daredevil vs. Ninjadiddio
Poi ce sta sto ninjadiddio che è invincibile, ferma le lame con la mano, salta e fa acrobazie sui muri. Probabilmente riesce anche a volare. Si presenta come un Charles Bronson asiatico senza baffi, pure un po' fighetto del tipo da maglietta a girocollo alto. Inizialmente se ne gira a massacrare brutta ggente che ritiene responsabile della morte dell'amata. Succede che dopo quaranta pallosissimi minuti scopre per caso il reale assassino e sceglie di instaurarci un rapporto che negli intenti vorrebbe capovolgere i termini "vittima-carnefice", nei fatti diventa invece immediata parodia dei meglio Tom & Jerry. Di esempi ilari il film è pieno, basti citare il primo confronto nella serra (virtuosismi circensi che neppure il Jackie Chan dei tempi d'oro!) e il terzo a casa dell'amico serial killer (impagabile quando ninjadiddio getta sul pavimento i ganci da pesca che vengono successivamente calpestati da Devilman). Quando inevitabilmente il giochetto sembra finire, ovvero quando uno dice che "si, è stato divertente però poi basta..", semplicemente ricomincia da capo per altri quaranta minuti. L'ho detto che il film dura due ore e venti? La farsa sarà divertente all'inizio (ma i primi cinquanta minuti meriterebbero l'ombra della scure zagoriana), poi t'accorgi che mica ne valeva la pena, eh.. Perchè 'sti due scemi che perdono tempo a rincorrersi sembrano usciti da un manga di quelli brutti forte; antitesi all'impeccabile Memories of Murder dove - a detective accentuati e sopra le righe - era bilanciata una presenza invisibile ma sempre percettibile, un diavolo mai visto e quindi ulteriormente malevolo. Il diavolo di I Saw the Devil è palesato fin dal titolo ma subito reso innocuo e prevedibile quanto un Geppo sfortunello.
2 - Cruelty Beast
Il cinema statunitense - pur vegetando in perenne fase remake/sequel - si risveglia a fatica dal post-Hostel (che è stato nella seconda metà degli anni 00 ciò che Scream ha rappresentato durante i novanta; un vecchio filone spacciato per nuovo, depredabile in ogni sua parte e deriva). Nel mentre, il cinema europeo ha da tempo superato i termini del torture porn per giungere a stadi generazionali successivi (con solite Francia e Spagna teste di serie ma si prenda come esempio anche molta maturità del nuovo cinema nord/est-europeo). E il cinema asiatico? I soliti mezzi indie (ma neppure tanto) ultrasplatter à la Grotesque, che quantomeno dispongono di coerenza e filologia interne alla tradizione. Siamo fermi ai tempi dell'exploitation anni ottanta, con i Guinea Pig che all'epoca già avevano detto tutto ciò che c'era da dire con maggiore sensatezza, morbosità e ribellione socio-culturale. Poi ci sono i big, i giganti da blockbuster che tentano una regressione all'esplicitezza più accomodante. Ma ci si può ancora stupire o sconvolgere per la violenza esposta in primo piano su cui viene indotta enfasi pulita e smaltata, rimarcata da partiture sonore sontuose laddove dovrebbero imperare i silenzi? Il sangue scorre a fiotti ma l'eccesso è finto e caricaturale quanto i personaggi che lo praticano o lo subiscono. Se il film non prende sul serio lo spettatore, invece della carne lacerata io vedo protesi colme di sciroppo di glucosio e colorante E128. Invece di vittime sofferenti e imploranti vedo dei manichini che pronunciano frasi scritte su post-it e avanti così, fra le varie attrazioni del parco giochi.
Fammi capire.. Prima mi lapidi con macigni di compiaciuta violenza e cattiveria gratuita e poi, a quaranta secondi dai titoli di coda, ritiri la mano ancora sporca del mio sangue? Non ne faccio un dramma e sarei pronto al perdono e alla comprensione, da bravo e diligente spettatore consapevole di essere la causa del proprio male. Ma proprio nella tasca del moralismo dovevi infilare quella mano lercia? Molto fastidioso però si sa; in mancanza di idee e/o coraggio risulta espediente usuale. Ti salvo anche questa. Però vedi, se c'è una cosa che mi stà particolarmente sul culo è l'uso dell'ambiguità morale come climax finale con cui chiudere in dissolvenza. Alcuni anni fa c'è cascato dentro con entrambi i piedi anche Cronenberg ma questa, caro Kim, non è certo una scusante; lui ha quantomeno evitato di ricorrere alla catarsi del pianto liberatorio. Due minuti di pianto finale con camera fissa e strimpellata malinconica in sottofondo, rendiamoci conto. Simili attentati al cinema non meritano alcuna assoluzione.
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